Viaggio in Albania di Adalberto Buzzin (seconda parte)

Alle prime luci dell’alba, non vedevo l’ora, mi alzo; Luciano dorme come un califfo … prendo il caffè portato dall’Italia, quello in confezione usa e getta, accendo una sigaretta ed esco a sentire l’alba … freddino, forse 3 o 4 gradi, rientro a prendere la felpa, mi avvicino alla casa, che la sera prima ci aveva ospitato per la cena, dormono tutti in cucina, l’emozione è forte, corro a prendere la macchina fotografica, mi avvicino a passi felpati alla finestra e, quando sto per fare l’ennesimo click, mi blocco, non scatto, rubo un momento non mio, lo conserverò nella memoria; il padre tiene la mano alla moglie e i bambini sono tutti vicini , forse per scaldarsi, quanta serenità in questo momento, vorrei il momento non passasse mai, sono in quei miei pensieri che non vorrei finissero mai, vorrei bloccare l’attimo, per respirarlo di più, mi guardo attorno, tutto tace, anche il cane dorme … mentre una gallina corre chissà dove …

Faccio un giro per vedere le altre case, se così si possono chiamare, tutto buio, tutto tace, mi prende una dolce malinconia, penso al tempo che passa, a quella ruga che aumenta, ai km fatti e da fare e ad un viso che non so dimenticare …

Vado a svegliare il califfo, che con estrema calma mi dice: dormito da Dio, certo mi dispiace non venire più con te, sei unico per certe cose, ma non ho più il fisico per certi strapazzi, preferisco l’isola dei famosi … ahahaha e sbotta a ridere in mezzo ai catafalchi … ma poi so che una mia chiamata lo ringiovanisce, troppi ricordi, troppe avventure, non può arrendersi all’età.

Faccio il reportage chiesto, domande, aneddoti, particolari, cose tecniche che poi dovrò cucire e con un po’ di fantasia la storia esce, sono diplomatico e discreto, assorbo gli occhi delle donne, per leggere qualche emozione, mentre preparano il caffè, alla turca, sul tavolo c’è la rakia, la famigerata grappa albanese, 50° … ma ho la scusa pronta: sono diabetico; altrimenti in un paio di viaggi nei Balcani diventi alcolizzato, per loro è consuetudine, come per noi la tazzina del caffè, se non bevi sei ospite sgradito, dicendo che non puoi per motivi di salute, capiscono o quasi; perchè qualcuno insiste sempre; alla sera ok, dopo aver cenato, ma alle 7 del mattino mi sembra esagerato.

La mattina passa velocemente, ci sono ancora villaggi sperduti, raggiungibili a piedi, qualche km in salita, nulla più, si parte, altre case, altra miseria, altre storie, ecco finalmente la donna uomo, sembra davvero un uomo, le hanno sterminato la famiglia, tutti i maschi uccisi, fuma come una belva, un paio di pantaloni, un giacca troppo larga per il suo fisico, lo sguardo severo di donna che ha dovuto combattere parecchio e soffrire per poi prendere in mano la situazione.

La sua vita si snoda in un paio di km, la mucca al pascolo, accudire la casa, sorvegliare il maiale, unica grande ricchezza.

Chiedo timidamente qualcosa, mi invita a casa, stesso odore di vecchio, di muffa, di storie ormai passate, di abbandono totale, mi spiega la sua vita, il kanun, il dolore, la forza di continuare per le 3 figlie, una studia con ottimi risultati a Tirana, il suo orgoglio di non mollare mai, ma di prendere la vita per la gola, con forza e tenacia.

Rimango stupito da tanta decisione.

Adalberto Buzzin

Viaggio in Albania Adalberto Buzzin

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