Chi sono i Korowai? Chi sono oggi i Korowai?
Sappiamo che sono uno dei gruppi etnici più “intatti” di tutta la terra, che sono entrati in contattato con gli occidentali per la prima volta solo negli anni 70 del Novecento (davvero ieri l’altro), e che fino a poco tempo fa praticavano il cannibalismo, forse di nascosto lo praticano anche oggi.
Vivono nelle remote foreste della parte occidentale dell’isola di Papua, che politicamente appartiene all’Indonesia. Questa parte di mondo è da diversi anni fortemente sconsigliata ai viaggiatori da parte delle cancellerie di mezzo mondo, per paura delle tensioni separatiste che di tanto in tanto esplodono nel paese.
Il governo indonesiano ha offerto ai Korowai la possibilità di vivere dentro a delle case in un villaggio (Mabul, lungo il fiume Sirets), ma pochi di essi hanno accettato.
Perché? La maggior parte è rimasta nella giungla, vivendo in piccoli gruppi famigliari seminomadi composti da una decina di persone.
Vivono in case costruite sugli alberi, a un’altezza che varia dai cinque ai trenta metri dal suolo.
La tradizione di costruire case così inaccessibili nasce dall’esigenza di difendersi dalle alluvioni, dagli animali e dai nemici.
Si spostano quando il cibo scarseggia.
Sono liberi di abbattere tutti gli alberi che vogliono, la foresta è loro.
La loro dieta è composta principalmente dalla palma di sago, che dà loro il carboidrato di cui hanno bisogno.
C’è chi ha calcolato che fra vent’anni dovranno cambiare per forza dieta, perché non ce ne saranno più di questi alberi. Un solo albero dà alla famiglia sostentamento per una settimana.
L’abbattimento della palma di sago è lavoro che impiega una giornata e occupa tutta la famiglia.
Gli uomini la tagliano con il machete, puliscono i rami e aprono il tronco.
Le donne e i bambini sminuzzano il contenuto del tronco e lo trasportano al fiume dove, con un sistema di canalette composte da tronchi cavi, lo bagnano con l’acqua fino a far depositare al fondo una poltiglia, che una volta indurita, diviene una sorta di piadina abbastanza insapore.
Cosa spinge questi uomini a vivere nudi nella foresta, lontani da qualsiasi strada e città, a lottare per il cibo ogni giorno con fatica? Non sono persone affabili, ma nemmeno ostili.
Sono troppo impegnate a lavorare per sopravvivere.
Nel mio reportage fotografico ho cercato di mostrare la loro fatica e le pause tra una fatica e l’altra, il loro respiro.